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Licenziamento dei lavoratori via WhatsApp - Costituzionalità? Incostituzionalità? Dubbi e perplessità!

28.08.2021 11:10

Finito il meritato periodo di sospensione feriale, riprendono le attività dello Studio e fra le altre anche quella dei nostri “fogli” informativi.

Abbiamo avuto il modo di leggere nell’ultimo mese tanti argomenti, tante interpretazioni e tante grida allo scandalo su argomenti che sono diventati consuetudini da tempo.

Vogliamo oggi approfondire il tema del licenziamento dei lavoratori tramite WhatsApp, Sms od E-mail.

Ne abbiamo sentite e lette di tutti i colori “Il licenziamento via WhatsApp è incompatibile con la nostra Costituzione” tuonava Enrico Letta (segretario del PD n.d.r.) dalle pagine di Repubblica, gli faceva eco dalla Rai Tv il ministro del lavoro Andrea Orlando, a difesa del DDL anti-delocalizzazioni.

Adesso, possiamo comprendere le esternazioni del segretario del PD che da quando è in carica non ne he imbroccata una, ma non possiamo giustificare che le stesse cose le dica e le sostenga il ministro del Lavoro, che in quanto tale dovrebbe essere preparato in materia.

Partiamo dalla norma che regola la modalità dei licenziamenti nel nostro ordinamento giuridico: “il licenziamento è la modalità di recesso unilaterale che viene formulato dal datore di lavoro nei riguardi del lavoratore e deve essere necessariamente intimato per iscritto (art.2 L.604/1996) .

La norma richiamata però non prescrive una particolare modalità di comunicazione, è infatti sufficiente che l’atto di recesso “in forma scritta” sia portato a conoscenza del lavoratore (Cass.20106/2014-12499/2012).

Anche la giurisprudenza del lavoro (Tribunale di Catania prima con la sentenza del 27 giugno 2017, e la Corte di Appello di Roma poi con la sentenza del 23 aprile 2018), si è espressa in tal senso ammettendo il licenziamento via WhatsApp, infatti alla base delle motivazioni addotte vi è appunto, come anticipato, la genericità della legge stessa: essa ammette che la comunicazione del licenziamento debba avvenire in forma scritta, ma non dice quale debba essere il mezzo, pertanto potrebbe trattarsi di una raccomandata con ricevuta di ritorno, ma anche una mail con posta elettronica certificata. Entrambe queste forme infatti confermano la ricezione, e pertanto anche per il messaggio WhatsApp vale lo stesso principio; infatti, lo stesso può essere facilmente assimilato ad un documento informatico, in grado di identificare sia il mittente (datore di lavoro) che il destinatario (lavoratore). Non solo ma è anche in grado di fornire una prova inconfutabile, al pari della PEC, dell’invio e della ricezione del messaggio ed anche della lettura dello stesso (doppie spunte grigie per la ricezione e blu per la lettura), consente inoltre di individuare con precisione “data ed ora d’invio” “data ed ora di ricezione e lettura” al pari di PEC, raccomandata o telegramma.

D’altronde il telegramma era la modalità preferita di comunicazione dei licenziamenti a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta ed in fondo cos’è un messaggio WhatsApp se non un moderno telegramma?

Ma tornando alla dottrina è quindi sufficiente per la legge, che la comunicazione di licenziamento sia portata a conoscenza del lavoratore e si presume conosciuta quando sia giunta al suo indirizzo, sia fisico che elettronico. (Cass. 22295/2017).

Caro ministro del Lavoro Andrea Orlando, il progresso tecnologico implica anche velocità di comunicazione ed oggi tutti siamo in possesso di strumenti tecnologici che ci consentono di essere sempre connessi, quindi la sua affermazione di “incostituzionalità” di tale modalità di licenziamento è totalmente infondata e pretestuosa, la possiamo capire in bocca al segretario di un partito che deve fare comunque propaganda (inconsapevole o meno delle norme vigenti), ma mi spiace non possiamo tollerare che sia il Ministro del Lavoro della Repubblica Italiana a non conoscere norme e decisioni conseguenziali.

Staff di Redazione Palmeristudi

(riproduzione©riservata)

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